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LA GRANDE PORTA DEL POLLINO

This page is only in italian, sorry ! In english I have written a comprehensive guide on this topic and you can learn more in this page of the site.

Tra gli itinerari a piedi più belli nei parchi italiani, questo che conduce al cuore del massiccio del Pollino – in Basilicata ma ai confini con la Calabria – è un tuffo nella natura integra del Mezzogiorno d’Italia. Coi suoi quasi duecentomila ettari, questo è il parco nazionale italiano più esteso.
Dove
Le pendici rocciose sono il suo regno d’elezione. La sua sagoma contorta e solenne si staglia sulle cime più alte del massiccio. Delle circa novanta specie di pini che crescono al mondo, il pino loricato (Pino leucodermis), detto anche pino di Bosnia è certamente tra i più rari e minacciati. A carattere tipicamente pioniero, capace cioè di insediarsi anche in situazioni ambientali particolarmente avverse, deve il suo nome alle grosse scaglie poligonali della corteccia, simili alle loriche, le piastre metalliche delle antiche corazze romane. Danneggiati ovunque da incendi e tagli, crescono oggi in pochi esemplari anche in altre montagne dell’Appennino meridionale. L’area a maggior diffusione è però la penisola balcanica, da dove la specie sarebbe giunta secondo i botanici durante il periodo glaciale. Al parco del Pollino ne sopravvivono poche migliaia di esemplari, in particolare sulla Serra di Crispo, Serra delle Ciavole e Serra Dolcedorme. Il pino loricato è il simbolo del parco nazionale.

L’itinerario
Da Napoli il parco del Pollino si raggiunge percorrendo l’autostrada per Salerno e quindi l’A20 verso Reggio Calabria. Dall’uscita di Campo Tenese si sale in montagna in direzione San Severino Lucano, fino al Colle dell’Impiso. Si tratta di un valico posto a quota 1573 metri, poco più avanti del Piano Ruggio dove sorge il rifugio De Gasperi. Lasciata l’auto a lato strada, si prende dunque a seguire verso monte oltre una sbarra la sterrata che sale per poco nel bosco, poi scende in direzione del primo dei piccoli piani di Vacquarro. Si cammina fino al bivio col sentiero che, verso destra, per il colle Gaudolino porterebbe alla vetta del monte Pollino: noi invece andiamo a sinistra. Si rientra nel bosco, poi si rasentano le acque cristalline di un torrente guadandolo laddove è più agevole, prima di affrontare la lunga salita nella faggeta. Ignorando le deviazioni si sbuca al margine degli spettacolari piani di Pollino dopo circa un’ora e mezza di salita, più faticosa nel tratto finale. A sinistra si apre la vista sulla Serra di Crispo coi suoi magnifici pini loricati, a destra il Pollino e più indietro il Dolcedorme. Si prende a risalire i prati verso sinistra, senza una traccia precisa, in direzione di alcuni piccoli faggi isolati che segnalano la preziosa sorgente Toscano (subito dietro gli alberi, in un avvallamento del terreno). A maggio e giugno – a disgelo ancora recente - i pendii sono crivellati dai fori d’ingresso delle gallerie delle arvicole e tappezzati di viole, scille, orchidee. E crochi, a migliaia. In un’ulteriore mezz’ora sul ciglio di una balza rocciosa si raggiungono i primi loricati, la conifera dal portamento elegantissimo che è il simbolo del parco nazionale. Poco più avanti c’è quel che resta del pino della Grande Porta del Pollino – il toponimo assegnato alla sella tra la Serra delle Ciavole e la Serra di Crispo - riprodotto nel logo stesso dell’area protetta, il più maestoso di tutti, preso a simbolo del cambiamento possibile e perciò dato alle fiamme da vandali nell’autunno del 1993, appena dopo l’istituzione del parco.  Aveva molti secoli. Per fortuna altri giganti resistono, come alla Serretta della Porticella, l’anticima che s’incontra sul crinale salendo alla Serra di Crispo dalla Grande Porta. Alle piante ancora in salute, dalla grigia corteccia a grosse scaglie poligonali, si accostano qui esemplari ormai secchi ma ancora in piedi. Tronco e rami color argento, non di rado spaccati dal fulmine, a duemila metri di quota sfidano vento e neve avvinghiati alla groppa di calcare sospesa sul manto verde del sottostante bosco della Fagosa. Fino alla Grande Porta il dislivello è di 374 metri ed occorrono circa tre ore per la salita. Senza prolungare oltre un’escursione che potrebbe continuare a piacimento, in quest’anfiteatro selvaggio di cime, da qui si ridiscende ai Piani di Pollino e da qui al colle dell’Impiso (calcolare un’ora e mezza dalla sorgente Toscano).

Internet
www.parks.it
www.parcopollino.it

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